
18 Mar Stardust . Polvere di stelle
Stardust
Polvere di stelle
Hannah Arnesen, Orecchio acerbo
Traduzione di Laura Cangemi
Nel rileggere Stardust, polvere di stelle di Hannah Arnesen, sono stata più volte in procinto di segnare su un pezzo di carta la citazione che si rivelasse perfetta per aprire questa mia recensione. È stato complesso sceglierla, perché in ogni piega di questo straordinario libro c’era qualcosa che parlava alla mia anima, al mio cuore, o di me.
Si tratta di tre lettere, tre lunghe conversazioni intime e al contempo universali, filosofiche, antropologiche, indirizzate alla Terra, il pianeta su cui viviamo; al lettore, proprio a noi che leggiamo; e a un bambino che ancora non è nato, quindi forse al futuro che potrebbe essere il suo, che potrebbe essere il nostro, che potrebbe essere quello del nostro pianeta, dell’universo intero.
Sono chiacchierate che hanno il timbro della confidenza, nelle quali chi racconta si interroga e pone domande, usando parole che non fanno sconti a nessuno, che partono dalla oggettiva e confortevole lingua della scienza per arrivare alla lingua e al lessico emotivo di chi racconta memorie personali e chiede speranza.
Comincia dalla copertina, Stardust, con una macchia d’acquerello che è un tutto in fieri, in movimento. E continua, l’acquerello, a spandersi, come per sua natura gli riesce meglio, in immagini che raccontano la continua evoluzione della Terra e di noi che nel mentre siamo riusciti a popolarla, partendo da una condizione di fragilità estrema, traendo la forza della sopravvivenza dalla capacità auto riconosciuta di coordinarci in intelligenza sociale, in umanità.
Nel farlo siamo diventati più forti e abbiamo dimenticato la fragilità che ci contraddistingueva in un contesto selvatico, che abbiamo imparato ad addomesticare; e con lo stesso approccio che in età adulta ci porta a guardare all’infanzia con nostalgia, rimpianto, ci muoviamo in un mondo che abbiamo plasmato a nostra somiglianza, a nostro consumo, a nostro uso.
In una susseguirsi di emozioni e consapevolezze che si mescolano e rimescolano assieme, sciogliamo nodi e ci fermiamo su altri che non abbiamo gli strumenti per dipanare.
Ed eccomi quindi alla fine e dunque ritengo che la citazione tra tutte che avrebbe potuto dar luogo a questa mia recensione è “Ho una domanda che brucia nel buio. Dove c’è speranza?”
Barbara Ferraro – libreria Il Giardino Incartato, Roma