Intervista a Andreas Steinhofel

Intervista a Andrea Steinhofel, autore di “Il centro del mondo”, La nuova Frontiera

Traduzione a cura di Fortuna Nappi

Intervistatore:

“Il centro del mondo” è uscito in italia lo scorso anno, pubblicato in germania nel 1998. Il tuo romanzo e i suoi personaggi principali ci ricordano una grande cassettiera, in ogni cassetto possiamo trovare un evento, un episodio che ci trasmette intensità e che dà intensità alla storia. Questi eventi ci riportano indietro nel tempo e aggiungono sfumature sempre più accurate al personaggio: da dove viene l’idea di questa sorta di approccio cinematografico?

Abbiamo anche un’altra similitudine, quella con il ficus con grandi rami e con potenti radici nel terreno, ha bisogno di un sostegno, per crescere e andare avanti ha bisogno di ritornare alla terra, così fanno i personaggi, tornano alle origini per andare avanti. Credi che questo processo possa essere importante per la vita di ogni individuo?

 

Andreas: 

L’approccio cinematografico, i cassetti, porre la storia in frammenti…ho iniziato a scrivere la storia cronologicamente all’inizio come David Copperfield, ma mi sono reso conto che non funzionava affatto perché la memoria non andava di pari passo con il tempo, ma con le associazioni, proprio come dei cassetti: ad esempio tiri un cassetto e ti ritornano in mente delle cose che stavano in un cassetto molto più in alto, e il settimo cassetto ti riporta a qualcosa che trovi nel quinto cassetto. Così quando ho iniziato a scrivere il libro non è stato difficile mettere insieme tutti questi frammenti e scrivere una storia, ma è stato difficile fare in modo che insieme componessero un romanzo solido. Amo scrivere in questo modo, o anche leggere e anche vedere film di questo tipo, che mettono insieme tanti frammenti e che conducono il lettore/spettatore ad elaborare, a farsi delle domande: dove sono all’interno della storia? cosa sta succedendo? perché questo pezzo di storia è a pag. 10 e poi a pag.100? È come una “fabbrica”, metti insieme i vari pezzi e si compone una sorta di arazzo in cui vedi l’intera immagine: è questo che cerco di fare. È il mettere insieme pezzetti che arrivano da diverse parti e affidarmi all’intelletto del lettore, alla sua abilità di vedere il tessuto… questo è il mio approccio quando scrivo per una fascia d’età più adulta. Quando scrivo per bambini ciò avviene in maniera cronologica, come un diario, perché i bambini seguono la storyline e lo puoi rendere bene con gli albi illustrati. Quando scrivi per i giovani è diverso, fai un po’ come fanno nelle serie tv o in alcuni film in cui vengono messi insieme pezzi e situazioni diverse.

Per rispondere all’altro pezzo di domanda…cosa ci succede quando cresciamo e quando diventiamo vecchi? e io sono diventato abbastanza vecchio! faccio molto spesso un “recap” del mio passato. La domanda che mi faccio riguarda cosa sono io, quale è il cuore della mia personalità, da quali piccole parti del mio passato sono composto? Le stesse parti sono uguali per ognuno di noi e trovano solo una storia diversa che ne costruisce la personalità in tempi e modi differenti: questo è quello che Phil fa tornando indietro con la sua memoria, è un metodo narrativo…ho messo insieme tutti i frammenti di Phil in modo da crearne un personaggio, una persona che cerca di costruirsi la sua identità. Ho iniziato a scrivere un’altra storia dopo il centro del mondo, ma sono passati venti anni e non l’ho ancora finita, è sempre in progress, forse quando morirò troveranno 500 pagine di un romanzo mai pubblicato, non so…

 

Intervistatore:

Le donne sono una presenza costante nel tuo romanzo, sono una guida. Ci sono figure maschili, ma sono inaffidabili, passive. C’è solo la figura di Haendel, insegnante di matematica che è quasi un narratore, una figura super-partes: lui sottolinea passaggi importanti di Phil con le sue riflessioni sulla vita. Possiamo immaginarlo come una figura legata al teatro antico, come un deus ex machina?

 

Andreas: 

è una domanda difficile. Nella mia vita come nel romanzo ci sono stati molti momenti in cui le mie emozioni mi hanno trascinato via, non c’era nessuna influenza della parta razionale della mia mente. Phil non è impulsivo, è molto legato al suo personaggio, a quello che gli sta accadendo, non trasforma quasi mai le cose in emozioni, le cose gli accadono, non è lui che le fa accadere; questo è un po’ rappresentativo di quando nella mia vita mi sono reso conto che essere così emotivo e impulsivo poteva darmi problemi. Per questo che ho creato Haendel, una figura barocca che cerca di essere una guida per Phil, come Virgilio nell’inferno di Dante. Amo molto questa idea di “mental figures” come Obi One Kenobi in Star Wars o Hagrid in Harry Potter, che in tedesco sono “regie figuren” cioè personaggi guida. La cosa più importante nell’età dello sviluppo è cosa si sta insegnando ai bambini, per questo sono molto importanti i genitori ma anche gli insegnanti che devono essere affidabili.. a volte purtroppo non è così. Haendel rappresenta qualcuno che contiene Phil e che fa in modo che non cada nel dirupo. Per questo alla fine, quando lui parte per l’America è piuttosto spaventato da tutte le novità e le cose che gli possono accadere.A Phil manca Haendel che per lui è una guida: ha bisogno di un custode, di qualcuno che si prenda cura di lui spiritualmente.

 

Per quanto riguarda le figure femminili, avrei odiato l’idea che Phil fosse circondato da donne deboli. Credo che siano le figure femminili che spingano Phil nella storia, Haendel invece corregge il punto di vista che Phil sviluppa, ma la spinta viene data dalle donne, da Glass, da Dianne, da Tereza e anche da Kat, lei è una figura molto forte.

 

Intervistatore:

Visibile è una proprietà che sembra uscita da una fiaba, fuori dal tempo e dallo spazio. I suoi abitanti sono diversi dal resto del mondo, mondo che è la controparte lungo tutta la storia – la “piccola gente” non sembra percepire la profondità e la magia della vita. A quale visione tu senti di appartenere? Credi che le persone siano veramente divise in questi due modi di concepire la vita?

 

Andreas:

Ho vissuto in una città grande come Berlino e in una piccola cittadina di 6000 abitanti dove sono nato. La cosa è un po’ strana perché quando vivi in una grande città pensi di avere la possibilità di vedere tutto, ma in realtà c’è molto anonimato rispetto ad una piccola città. Molte persone sono conformiste perché si sentono al sicuro nel loro conformismo. Per essere speciale devi essere piuttosto forte e avere fiducia in te stesso, devi essere in grado di dire “addio mondo, posso andare avanti senza di te”…molte persone non sono in grado di farlo. Io non riesco, ho bisogno di amici, non ne ho molti ma ho bisogno che loro confermino la mia identità, il mio essere me stesso. Essere da soli con se stessi è molto difficile, per questo Phil è così insicuro quando parte alla fine del romanzo, perchè è solo con se stesso. Questo è quello che fanno gli eroi delle storie, vengono buttati nel mondo alla ricerca della loro identità.

Per quanto riguarda Visible…quando ero piccolo e vivevo in questa piccola cittadina c’era una vecchia casa non lontana dal bosco, un po’ fuori dal mondo e la gente trovava strano che una famiglia vivesse così avulsa dalla realtà. Da ragazzino ci passavo davanti ne ero affascinato, una vecchia villa con queste mura enormi, le statue in giardino…per me quella era Visibile, sembrava un castello, la casa delle favole e io ci passavo sempre davanti, vagando nel bosco. Visible per me era il simbolo dell’essere ai margini della società, ma anche essere osservato. Visible rappresenta l’anticonformismo che allo stesso modo riesce a contenere le pressioni che arrivano dall’esterno, come una protezione. Purtroppo tutti in qualche modo siamo conformisti, perché siamo sicuri che possa essere l’unico modo per sopravvivere. Spero di non sembrare arrogante nei confronti della “piccola gente”, perché loro cercano solo un modo per cavarsela in un mondo molto difficile da comprendere e in cui è sempre più arduo cooperare.

 

Intervistatore:

C’è un sentimento negativo costante, di paura e abbandono: credi che possa appartenere alla generazione contemporanea?

 

Andreas:

È molto difficile rispondere. Il mio fidanzato è morto 13 anni fa, era un musicista, era molto contento e orgoglioso di avere un sacco di amici sui social. Quando lui è mancato nessuno se ne è interessato. Io non amo per niente i social media. Immagino ciò che accade oggi, ti senti circondato da migliaia di amici, da persone che ti guardano, che seguono quello che fai…sono certo che quasi nessuno di questi soggetti ti aiuterebbe se avessi bisogno.

Il processo digitale ha cambiato tutto, è tutto molto complicato. Quando parlo con i ragazzi, loro pongono domande sull’ambiente, la politica… la differenza è che hanno strumenti tecnologici, ma stanno comunque insieme, fanno delle feste, si incontrano. Mi piacerebbe vedere tra venti anni cosa accadrà con questa generazione.

Dobbiamo prenderci cura dei bambini, farci carico di risolvere i problemi,come il riscaldamento globale, o una pandemia, deve partire da noi, perché anche durante la nostra crescita ci sono stati problemi da affrontare. Quello che dobbiamo fare noi adulti è non aver paura, perché noi abbiamo paura di noi stessi. Non dobbiamo dimenticare che i bambini non sono perfetti, dobbiamo fare in modo che non abbiano paura, che diventino forti e che possano essere in grado di risolvere i problemi che si presenteranno loro.

 

Intervistatore:

Luce e ombra: che ruolo svolge la luce per te?

 

Andreas:

Questo è un metodo che io uso in maniera molto consapevole. Penso molto prima di iniziare a scrivere, decido dove voglio una scena con la luce o una scena con il buio. Non amo i romanzi dove c’è o troppa luce o troppo buio, ci deve essere equilibrio. Ho studiato molto la letteratura inglese, americana e anche quella tedesca. Per esempio in Shakespeare mi piace molto l’equilibrio delle emozioni, lui parla al cuore e al cervello, quindi amore e ratio. Amo questo legame tra luce e ombra, si compensano. Ecco perché Phil e Dianna nascono uno alla sera e uno alla mattina: Dianna è molto associata alla notte, lei ha molte scene notturne, il suo personaggio si è rivelato come indipendente dalla mia scrittura, lei voleva essere se stessa, non quello che gli altri volevano che fosse; mentre Phil è associato alla luce.

Vi ringrazio molto per voler tenere così alto l’interesse per il mio libro, pubblicato ormai 25 anni, ma credo che queste tematiche siano molto attuali. grazie ancora